Cupa e
affascinante, la
rocca
medievale degli Orsini si erge a guardia dell'antico
borgo di Soriano,
abbarbicata sulla roccia vulcanica cimina come un gigantesco ragno pronto a
scagliarsi su chiunque ne minacci l’incolumità.
Misteriosi cunicoli si staccano dal ventre della rocca e si
incuneano nelle viscere del suo basamento roccioso, probabilmente vie di fuga in
caso di quelle tante aggressioni che nei secoli hanno caratterizzato la storia
sorianese. Notevole e pericolosa quella capitanata
dal conte Nardini di Vignanello, sventata, stando alla tradizione popolare,
grazie all’acuta vista della vecchietta del Carnaiolo, che corse ad avvisare i
sorianesi del pericolo incombente dopo aver visto le luci delle fiaccole
nemiche. Atmosfera inquietante, indubbiamente, quella che regna nel
castello, prigione antica
e moderna . La malinconia che aleggia negli ambienti è accentuata dalle memorie
di sofferenza di cui trasudano le pietre e le stanze che ospitarono i detenuti:
prima delle carceri pontificie, poi di quelle dello Stato, che ne fece carcere
di massima sicurezza. Storie di violenza e di ribellione che nessuno conoscerà
mai nei dettagli. Affacciandosi nelle tremende celle di rigore, angustissime,
la crudezza della vita carceraria si può solo immaginare . Ma in
fondo a una stanza, attaccata su un muro spoglio, una presenza sconcertante per
chi non conosce il mistero dell’animo umano: un'immagine-poster della Madonna di
Fatima con il suo Cuore Immacolato, sanguinante d’amore e sofferente per le
colpe degli uomini. Adesso, l’immagine è sparita. Certo, queste storie sembrano lontane dal
tempo dei fasti del cardinal Cristoforo Madruzzo, principe-vescovo che trovò
nella fresca oasi di Soriano luogo ideale per le sue meditazioni letterarie,
oltre che fonte di introiti grazie alla sua opera preziosa nell’organizzazione
del Concilio di Trento. Fasti che si possono soltanto immaginare, visto lo stato di avanzatissimo
degrado in cui versa l’antico palazzo rinascimentale da lui voluto, ampliato poi
nel Settecento dai Chigi e dagli Albani, attualmente ridotto all’osso a seguito
di vendite e spoliazioni sistematiche. Oggi l’antica presenza del cardinale-mago – così è definito il
Madruzzo, con scarsa immaginazione, da viaggiatori inglesi rimasti prigionieri
della leggende nere di stampo illuminista – riaffiora solo nel misterioso
sorriso della Pitonessa, inquietante scultura dal sapore esoterico affiancata da
un più rassicurante Mosè che fa sgorgare dalle rocce acqua fresca per gli Ebrei
assetati nel deserto. Già, l’acqua... E’ proprio la Fonte Papacqua (“Regina delle Acque”) l'opera più interessante
voluta dal Madruzzo, oltre al giardino, oggi in completo abbandono. Una cascata che dall’alto della villa, con le vasche
e le sue numerose cannelle, si lancia nel bacino sottostante. Figura comunque
interessante, quest’uomo di cultura tipicamente tardo-rinascimentale in cui
spunti classicheggianti e dottrina cattolica si fondono in un abbraccio tanto
simile a quello che caratterizza altri luoghi incantati del Rinascimento
viterbese come il Palazzo Farnese dell’amico cardinale Alessandro, la Villa
Lante di Bagnaia e il Sacro Bosco di Bomarzo del grande sodale Pier Francesco
Orsini. Ma è quel suono lacerante, come un grido tragico che erompe
all’improvviso nell'aria a orari fissi, che lascia un po' sconcertati per chi
non conosce la tragedia di Soriano in tempo di guerra, la Seconda Mondiale. Con Roma appena conquistata
dalle truppe alleate e con i tedeschi in ritirata (curiosa la storia del carro
armato
Panzerjäger "Elefant" del 653° Schwere Panzerjäger Abteilung, abbandonato nella
piazza principale di Soriano nel Cimino perché senza carburante e rimasto lì per
diverso tempo, fino a quando non venne smontato pezzo per pezzo)
il paese visse una delle sue pagine più tragiche. Quasi duecento le vittime, annientate da un bombardamento che il 5 giugno 1944
distrusse soprattutto la parte vecchia del borgo. Ancora oggi, una sirena antiaerea posta sulla porta di accesso al Rione Rocca
suona a intervalli regolari, ogni giorno, come faceva a suo tempo preannunciando
il rombo mortifero delle Fortezze Volanti in avvicinamento. "VINCERE”. Suona allora beffarda questa famosa esortazione che, nascosta per
tanto tempo dal fittissimo fogliame di tanti alberi, è riemersa in forma scritta
dal passato sulla facciata di una casa in uno slargo vicino Papacqua, dopo
un’intensa potatura. Un semplice verbo all’infinito, come si usava spesso nel
linguaggio icastico del Ventennio. Cancellarla, come vuole fare la locale
amministrazione? Ma perché non conservarla come testimonianza storica? Infine, il trionfo della natura intorno a Soriano. Una natura segnata da
tinte forti e cupe, come l'antica rocca del paese. A pochi chilometri dal borgo,
infatti, si estende sulle cime dei Monti Cimini un paesaggio boschivo
affascinante, dove la luce penetra a fatica tagliando come lama splendente il
fogliame e penetra attraverso i rami di alberi secolari. È la Faggeta, un'area
di oltre 50 ettari, residuo di un bosco un tempo molto più ampio. Passeggiando tra i fusti alti dei faggi la mente vaga tra le rocce muscose,
quasi avvolta dalle brume autunnali e invernali che salgono dal terreno umido.
L'animo è presto catturato dalla dimensione irreale e si immerge nel silenzio,
rotto solo dal vociare di qualche inopportuno visitatore. Evocatrice di paesaggi nordici e ambientazione ideale per un fantasy
medievale, la faggeta di Soriano è stata infatti protagonista di alcune scene di
Yado
(Red Sonja,
1985), con l'allora giovane e nerboruto Arnold Schwarzenegger e la statuaria
Brigitte Nielsen. Curioso per la sua fama di prodigio della natura è il "Sasso Naticarello", un
grande masso da tempo immemorabile posto in equilibrio instabile sul terreno. A
dominare con il suo sguardo le cime dei faggi c'è anche la statua di una
madonnina, collocata nella nicchia di una torre al culmine di un'erta.
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